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mercoledì 2 febbraio 2011

utile lettura

IN OCCASIONE DELL’INCONTRO TRA LA CANDIDATA PRESIDENTE RENATA POLVERINI E I CENTRI DI RIABILITAZIONE EX-ART.26 29 GENNAIO 2010
02.02.2010

CHI SIAMO
I Centri di Riabilitazione ex art. 26
Il coordinamento Regionale dei Centri di Riabilitazione (Aris, FOAI, Fondazione don Gnocchi)raccoglie la quasi totalità dei Centri operanti nella Regione Lazio.
In particolare la FOAI – Federazione degli Organismi per l’Assistenza alle persone Disabili – associa ben 45 strutture riabilitative su un totale di 72.
Tra ricoveri a tempo pieno, degenza diurna, trattamenti ambulatoriali e domiciliari ogni giorno nella FOAI vengono effettuati 4550 accessi accreditati.
Oltre 4.350 le unità di personale operanti: 2.379 dipendenti (tra medici, psicologi, terapisti, logopedisti, educatori professionali, ecc) e circa 2000 collaboratori professionali.
Ma c’è di più.
I Centri di riabilitazione accreditati rappresentano la quasi totalità dell’offerta riabilitativa nella nostra Regione. Su di noi quindi pesa tutta la responsabilità di risposte adeguate ai bisogni riabilitativi dei cittadini del Lazio.
ELEMENTI DI BASE
Vorremmo esplicitare i fondamenti teorici da cui derivano poi le scelte anche politiche che vengono fatte nella gestione dei nostri Centri.
Non sembri un esercizio filosofico. Condividere questi elementi significa affrontare con maggiore cognizione di causa i problemi di gestione che i nostri Centri devono affrontare quotidianamente.
a)Specificità della Riabilitazione
La Riabilitazione ha una sua specificità: non è un riducibile ad un sociale più complesso o ad un sanitario semplificato…
I nostri Centri operano avendo interiorizzato le Linee Guida sulla Riabilitazione emanate dal Ministero della Sanità nel 1998:
“La riabilitazione è un processo di soluzione dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale, con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative. Il processo riabilitativo coinvolge anche la famiglia del soggetto e quanti sono a lui vicini. Di conseguenza, il processo riabilitativo riguarda, oltre che aspetti strettamente clinici anche aspetti psicologici e sociali.”
b)I Centri di Riabilitazione si collocano di diritto nel comparto sanitario
Nelle stesse Linee Guida è detto molto chiaramente:“ I presidi di riabilitazione extraospedaliera a ciclo diurno e/o continuativo dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali erogano prestazioni a ciclo diurno e/o continuativo per il recupero funzionale e sociale di soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche, sensoriali o miste dipendenti da qualunque causa. Intervengono nella fase immediatamente post-acuta (anche dopo la dimissione ospedaliera) attraverso l'offerta di tutela sanitaria finalizzata al recupero degli esiti derivanti da episodi acuti o di funzioni lese o menomate attraverso prestazioni residenziali a ciclo diurno o continuativo…..I centri ambulatoriali di riabilitazione svolgono attività di recupero e rieducazione funzionale con un trattamento globale della condizione di menomazione e/o disabilità che richiede un contestuale apporto multidisciplinare medico psicologico e pedagogico per l'età evolutiva. Le prestazioni erogate da tali centri si differenziano dalle attività ambulatoriali specialistiche, di cui al D.M. 22 luglio 1996 e successive modifiche ed integrazioni, per la presa in carico multidisciplinare del soggetto disabile tramite il progetto riabilitativo individuale….”
C)Il nodo del “dopo” riabilitazione…
La conseguenza di questa impostazione è che la riabilitazione, salvo patologie particolarmente ingravescenti e situazioni identificabili (per esempio l’età evolutiva) ha un inizio e una fine.
Ma se questo è il disegno, alla fine della riabilitazione che cosa c’è?
La persona con una disabilità seria, specialmente se non può rientrare a casa o non ha una famiglia, alla fine del processo riabilitativo, dove va?
Chi lo accoglie? Chi può dare le garanzie sufficienti perché la sua patologia non peggiori?
E’ quello che abbiamo voluto porre all’attenzione del nostro interlocutore istituzionale in questi anni, purtroppo senza esiti.
E non è giusto, non è corretto che in una fase di mancanza di risorse le ASL si ricordino che forse per alcune persone dei nostri centri di riabilitazione residenziali o semiresidenziali si possa configurare un ricovero inappropriato…
E allora qual è l’alternativa?
Chi si farà carico di costruirla questa alternativa? Con quali mezzi? Ma soprattutto all’interno di quale quadro?
Chi è competente a delineare il quadro all’interno del quale i Centri si potranno muovere consapevoli dei loro limiti senz’altro ma anche delle proprie possibilità.
Tutto questo ci fa ritenere che il vero problema nei rapporti con la Regione Lazio in questi anni (e al di là del colore delle giunte cominciano ad essere troppi questi anni…) è di aver perso un interlocutore istituzionale vero, stabile e competente!
Nella Regione Lazio manca una tecnostruttura, che al di là dei ruoli, sappia (e poi voglia) dialogare con questi pezzi essenziali della sanità regionale per risolvere i molteplici problemi della gestione e della organizzazione della riabilitazione.
Fin dalla nascita della Regione quello del dialogo, dell’accordo, di una politica di concertazione con i centri di riabilitazione è sembrata l’unica strada percorribile considerato, ripeto, che sui centri accreditati pesa l’intera gestione dei bisogni riabilitativi.
Chi conosce questa storia sa che, ben al di là della consapevolezza di un privilegio, questa condizione ci ha responsabilizzato.
Oggi poi ci sono dei problemi irrisolti:
- Riduzione del budget delle strutture anno 2009:
Alla fine dell’anno 2008, in sede regionale, era stato sottoscritto un accordo che prevedeva – dato lo stato di dissesto finanziario regionale – l’ipotesi di riduzione dei tetti di spesa previa revisione degli standard e delle tariffe ( concertate con erogatori accreditati ) da definire entro il primo semestre del 2009 da definire in accordo con le associazioni, previa rivisitazione degli standard organizzativi. La percentuale di riduzione ( 6% ? 8% ? ), nella sottoscrizione dell’accordo, non era stata definita al meglio e questo induceva le Aziende USL a varie interpretazioni. Le associazioni di categoria - non coinvolte nel processo di rivisitazione - si mobilitavano, venivano indette manifestazioni di protesta di piazza, indetti stati di agitazione, ecc fino al mese di maggio, data in cui l’assessore alla sanità regionale, con propria comunicazione disponeva “l’immediata sospensione del taglio del 8% e l’attivazione di quanto previsto dagli accordi regionali”.
A questa decisione regionale non è mai stato un seguito di natura normativa, nonostante le varie assicurazioni – anche formali: vedi rif. 28 luglio 2009 – sino al mese di novembre , quando con Decreto 876 venivano stanziati oltre 22 milioni di euro per trasporti e soggiorni estivi per disabili e non per integrare il fondo delle prestazioni !!!
In questa situazione di incertezza, la programmazione generale delle strutture ha subito un andamento oltremodo anormale, con una iniziale dimissione – o non accettazione – di pazienti, successivamente un incremento, poi una ulteriore dimissione. Non ultimo riduzioni di personale. Infine, non è stato possibile dimettere assistiti e limitare l’attività degli operatori per rispettare i tetti stabiliti. Ovviamente sono state bloccate le liste di attesa.
La Regione, nell’incontro del 20 gennaio scorso con il Direttore dr.Crippa e con il sub-commissario dr. Morlacco , ha confermato la riduzione del budget di ogni struttura nella misura dell’ 8%.
- Questione tariffe e standard
In questa situazione di incertezza, permane il gravissimo problema legato all’adeguamento delle tariffe ferme da circa 9 anni ( ! ) ed all’applicazione di 3 bienni di rinnovi contrattuali. Inutile sottolineare che le strutture sono allo stremo.
- Questione Compartecipazione dal 1 aprile 2010
Il Decreto recentemente emanato e notificato alle associazioni prevede una compartecipazione alla spesa da parte dei disabili assistiti in regime semi-residenziale e residenziale di mantenimento. Si sostiene che la compartecipazione degli utenti , o degli enti locali, non può essere messa in discussione poichè molti degli utenti in trattamento da svariati anni dovrebbero fruire di servizi socio sanitari e non propriamente sanitari. I Centri di riabilitazione - che dal 2001 si sono adeguati agli standard “sanitari” imposti dalla Delibera 583 – oltre ai problemi di natura tariffaria già illustrati – si troverebbero ad essere declassati a strutture socio-sanitarie. Tre sono i problemi :
- Ricollocazione dei pazienti : dove ? non esistono strutture pubbliche che possono
accogliere disabili pluriminorati.
- Ricollocazione del personale : se struttura socio-sanitaria la valenza medica /
riabilitativa viene fortemente ridotta a favore dell’assistenziale.
- Riconversione della struttura: come ? non esistono standard di personale ed
organizzativi per Residenze Sanitarie per Disabili
Per concludere.
Siamo consapevoli di essere parte di un sistema al punto tale che se c’è qualcuno nel nostro settore che specula sulle vite dei disabili le conseguenze le paghiamo tutti.
Non le sfuggirà il riferimento neanche troppo nascosto all’affare Lady ASL che, al di là dei risvolti giudiziari, ha avuto come conseguenza l’assunzione responsabile in alcuni nostri centri dei pazienti e del personale che era stato messo per strada.
I nostri centri, ed è un altro nodo irrisolto, stanno pagando una modalità scorretta da parte della istituzione regionale che prima chiede di risolvere l’urgenza e poi si dimentica di corrispondere ai nostri Centri quanto concordato per le attività riabilitative.
Ma al di là dell’episodio vorremmo sottolineare questo nostro far parte del sistema.
Noi le auguriamo, qualora eletta, di riuscire ad affrontare serenamente i nodi della sanità regionale ma per favore non ceda mai, mai alla tentazione di essere troppo esigente con soggetti, come i nostri, che oltre a svolgere un’alta funzione sociale rappresentano il 2,75% dell’intero bilancio del comparto sanitario regionale, e magari di essere molto indulgente verso quei soggetti forti della sanità regionale che mantengono privilegi e potere.
Vorremmo condividesse con noi lo slogan con il quale siamo andati in piazza lo scorso anno a rivendicare, sotto la Regione Lazio, i nostri diritti:
“ non c'è nulla di più ingiusto che far parti uguali tra diseguali”
La sua esperienza umana e sindacale, ce lo auguriamo di cuore, sappia dare spessore e continuità a questo slogan e tradurlo in azione di governo.
Michelangelo Chiurchiù
Presidente FOAI

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